martedì, marzo 03, 2009

Anonymous' mad againe

venerdì, giugno 20, 2008

Verdone nell'81 aveva già previsto tutto...


All'ottavo secondo dice chiaramente Riise...

martedì, maggio 27, 2008

La mia prigione



...c'è stato un tempo, nenche troppo lontano, in cui mi guardavo intorno e non vedevo altro che versioni di latino e desolanti ore passate su di un banco in attesa di tornare a casa per studiare; ma in fondo quello è stato anche il tempo delle speranze, dei sogni, delle giornate con gli amici, quelli veri, e delle interminabili chiacchierate che eccitavano la mia fantasia e le mie ambizioni. Sapevo che un giorno mi sarei guardato indietro ed avrei visto più che altro le cose belle piuttosto che le angosciose ore di studio a sbattermi sui libri e quindi evito a me stesso inutili nostalgie di quel periodo,anche perchè all'epoca non desideravo altro che passasse.

Poi c'è stato il tempo della tanto agognata maturità, forse un pò precoce; il tempo della solitudine assoluta, dell'indifferenza della gente, dell'egoismo che ti circonda e che ti culla su di un filo da trapezista in equilibrio precoce: il filo dondola in tutta la sua esilità e tu sai che anche quando riuscissi a rimanerci sopra, le estremità si potranno staccare da un momento all'altro vanificando tutti i tuoi sforzi; quello non è stato proprio un bel periodo.

In seguito è arrivato il momento della gioia sregolata, forzata ed artificiosa; il solito periodo che vivono tutti i soldati tornati dalla guerra,che avendo avuto salva la vita ed esssendo stati permeati dalla caducità dell'esistenza non fanno altro che lasciarsi andare in un carpe diem senza misura. Quello in fondo non è stato male, soprattutto se vogliamo vederla in maniera superficiale, ed in ogni caso non me ne pento, anche perchè credo che ognuno di noi abbia bisogno di un periodo di vita incondizionata e senza perchè, d'esistenza sudata e puzzolente, stanchezza cronica e arrapamento fisso. Probabilmente in quel periodo ho perso un pò di vista il me stesso a cui ero abituato a pensare, sai, quelle idee che ti fai su chi sei e cosa fai: è un pò come quando ti presentano una persona e lo guardi in faccia per la prima volta e da quel momento ti rimane solo un' impressione di quel soggetto prima sconosciuto; ecco, in quel tempo ho avuto un'idea abbastanza indefinita di me stesso, o meglio non volevo neanche pensarci, perchè a mio avviso era il momento di vivere...poi quanto abbia vissuto davvero e quanto mi sia nascosto non so.

A questo punto mi fermerei qui nella narrazione degli eventi, anche perchè come ogni buon storico non posso avvicinarmi troppo al tempo contemporaneo altrimenti perderei l'asetticità dell'analisi.

Caro Andrea, sono sicuro che se tu fossi ancora qui al mio fianco su questa scrivania, ed insieme a noi ci fosse tutto il resto della "banda" tante cose mi sembrerebbero diverse: perchè in fondo più si cresce meno si è maturi, più passa il tempo più si vive nel passato, più si cerca di non pensare al dolore più è quella l'unica cosa a cui si pensa, perchè la lingua batte dove il dente duole, perchè era meglio morire da piccoli con i peli del culo a batuffoli, perchè chi si ricorderà di noi quando non ci saremo più...?, perchè dopo un pò di tempo ed un pò di soldi sembra che l'unica cosa che conti sia l'ultimo modello di tv al plasma, perchè quando arrivi a prendere un cane per avere un pò di compagnia capisci che in fondo era meglio piantarti un colpo in testa, perchè le donne contano quanto un buon caffé la mattina: da prendere in un attimo, a piccole dosi, profumato e con un buon aroma, perchè è qulache anno che attraverso la crisi del trentenne con l'unico particolare che ho ancora 28 anni scarsi, perchè i soldi non sono tutto ma sono comunque l'unica vera cosa per cui facciamo davvero qualcosa, perchè ad un certo punto ci si sente troppo grandi per sognare e troppo giovani per smettere, perchè sarebbe bello avere un figlio ma non riesco nenche ad avere una ragazza, perchè quando ci si sente smarriti ci si attacca a quello che si ha intorno, perchè forse la felicità è per gli stolti ma allora quanto sono coglioni gli altri a non diventarlo?,perchè con quest'euro non si può più campare, perchè c'è troppa intolleranza al di fuori e dentro di me, perchè a volte penso a me e non mi sopporto, perchè spesso penso di sapere tutto io e sono presuntuoso, perchè mi sto chiudendo nel mio eremo portatile cammindo tra la gente, perchè penso d'essere molto più buono di quello che sembro ma molto più cattivo di quanto pensi, perchè tutti questi perchè non hanno mai risolto l'esistenza a nessuno ma sempre fatto perdere tempo a tanti: a te che leggi ed a me che scrivo...quindi buona giornata.

Loreto


P.S. Io non sono decisamente prodigo di contributi a questo bellissimo BLOG che contribuisce a tenerci uniti sempre e comunque, nonostante le distanze siderali che si interpongono tra noi.
Questa è una lettera che ho scritto ad Andrea(ovviamente) e che su suo consiglio ho deciso di pubblicare; infatti Andrea è, e sarà sempre, il mio Caronte personale, che mi traghetta sull'Ade verso la sponda della consapevolezza assoluta: l'oblio...

giovedì, febbraio 21, 2008

mercoledì, dicembre 12, 2007

La Giornata Tipo dell'uomo medio



Sette e quindici; suona la sveglia e l'uomo medio si alza.

Anzi, no. La spegne (momentaneamente), perché ha sonno.

Sette e trenta; suona la sveglia e l'uomo medio si alza. Stavolta si alza sul serio.

Guarda fuori. Errore: niente fuori, oggi. Solo nebbia. Il mondo è una tazza di latte freddo. A proposito, fa proprio freddo. Cristo che freddo.

L'uomo medio accende la luce. Niente luce. È vero, il neon si è fulminato l'altro ieri. Pazienza. Brancola fino al bagno; accende la luce.

Niente luce.
È vero, il neon del bagno si è fulminato anche lui. Ieri.

Pazienza, cazzo.

L'uomo medio è giovane e forte, ma ha un freddo cane anche con il riscaldamento acceso. Si sfila il pigiama di pelliccia di orso grigio in via di estinzione e si rannicchia tremante nella doccia, implume e illuminato dalla fioca e lontanissima luce di uno dei pochi neon sopravvissuti (per il momento) alla misteriosa epidemia domestica.

L'uomo medio perde se stesso nell'antica arte del trovare l'esatta posizione, dell'ampiezza di sei micron, nella quale il rubinetto della doccia si degna di fornire acqua ad una temperatura compatibile con la vita umana. Verso le otto, esausto, si dichiara sconfitto ed inforca l'accappatoio, lottando inutilmente contro un'ipotermia inevitabile.

L'uomo medio, ovviamente, è miope. Fatto che comporta, in questo specifico frangente, il raro privilegio di infilarsi le dita negli occhi per mettere delle lenti a contatto che lui non porta assolutamente per questioni estetiche.

La soluzione sterile per lenti a contatto morbide, alle otto di mattina, ha sulla cornea dell'uomo medio lo stesso effetto del succo di limone.

L'uomo medio, ovviamente, è anche diabetico. E, avendo lui avuto cura di distruggere la sua automobile la settimana scorsa, questo pone degli interessanti interrogativi, come ad esempio:
  1. "Devo praticare la mia comoda iniezione di insulina prima di uscire, come faccio di solito?"
  2. "Ma la camminata di circa sette minuti per arrivare al bar - visto che non ho la minima intenzione di deprimermi bevendo nescafè a casa - non ne anticiperà forse l'effetto, portandomi ad una morte certa?"
  3. "Dovrei allora praticare la mia comoda iniezione all'interno del suddetto bar, sostenendo con spavalda aria di sfida gli sguardi attoniti degli ignari quanto retrogradi avventori?"
Otto e trenta; l'uomo medio, che in fondo non ha tempo da perdere in stronzate, pratica la comoda iniezione del cazzo ed esce, decrescendo di un epsilon il valore complessivo della sua autostima.

Dovendo peraltro affrontare un fatto inequivocabile: e cioè che, in confronto al mondo esterno, il suo appartamento è praticamente un resort alle Maldive con palme, piscina, campi da tennis e un cuoco italiano di nome Gaetano il quale socializza continuamente con clienti, italiani, che in realtà odia nel profondo del cuore.

L'aria, all'esterno, è indistinguibile da una secchiata d'acqua in faccia (cosa che effettivamente distoglie l'uomo medio dalle sue esotiche riflessioni) e tutto, complessivamente, è indistinguibile da una puntata di Twin Peaks.

Alle nove l'uomo medio, divorato avidamente il suo cornetto alla crema accanto a italico cappuccino, è in ufficio. È completamente esausto.

E qui ha inizio la sua Giornata Lavorativa Tipo, che consiste essenzialmente di:
  1. fantasmagorica teoria di 8-10 caffè, il primo dei quali dodici minuti netti dopo il cappuccino di cui sopra, con annesso racconto circostanziato dell'incidente del venerdì sera seguito dalla pedissequa rassegna degli incidenti stradali occorsi a tutti i presenti
  2. riunioni telefoniche in viva voce con clienti incorporei, altrimenti note con l'esoterico appellativo di "conference call"
  3. innumerevoli ore di decifrazione nonché produzione di arcani codici allo schermo del portatile
  4. pasto menu fisso modello ecatombe, con fini puramente anestetici, in previsione del prossimo punto e cioè
  5. riunione interna allo scopo di "valutare gli impatti e le tempistiche degli sviluppi della prossima versione della piattaforma", qualsiasi cosa questo possa mai significare
Otto e quarantacinque di sera; l'uomo medio esce di buon'ora dall'ufficio per unirsi ad alcuni colleghi in una cena/cazzeggio a base di fagioli e sangria dal messicano. Ci si cimenta in tutta una serie di attività fortemente connesse all'aerofagia generalizzata e ai bicchierini di tequila, dopodiché tutti a casa.

E qui l'uomo medio può godere dell'effimero piacere di rimettersi le dita negli occhi per strappare dalle cornee le lenti a contatto (che, ricordiamo, non indossa assolutamente per motivi estetici). Seguito dalla constatazione che il numero di cifre del valore della sua glicemia è piuttosto al di sopra della media degli esseri umani dotati di pancreas. Poco male, è un buon pretesto per un'altra, comoda, iniezione serale.

Come in tutte le storie a lieto fine, a mezzanotte l'uomo medio torna alla sua stanza e accende la luce. Che ovviamente continua ad essere fulminata. Ma ormai in uno stato di karmica grazia, indotto dal fagiolo sudamericano, egli indossa di nuovo il suo pigiama di pelliccia di orso e, finalmente, cade avvinto da un sonno profondo.

Diversamente da tutte le storie a lieto fine, alle due e quarantacinque in punto l'uomo medio si sveglia, colto da postuma incontinenza. Forse causata dalla sua privilegiata condizione di diabetico, una sete orrenda lo costringe a spalancare il frigo e scolare un paio di litri d'acqua.

Ma niente paura: il sonno è potente in lui, e questo banale incidente non ha alcun significato.

Tre e quaranta: al terzo giro bagno-frigo l'uomo medio è costretto ad affrontare l'amara realtà, concretizzatasi per l'occasione in un lieve olezzo di morte proveniente dall'interno del frigo stesso. Il sonno è andato a farsi fottere, nel frattempo. Ad un breve esame scientifico dei sei oggetti presenti nel refrigeratore, l'occhio attento dell'uomo medio nota che il pezzo di provola - presente in quel sacro luogo ormai da eoni - ha assunto in effetti un sospetto colore grigio tenebra.

Si disfa del mefitico cadavere con indicibile disgusto.

Quattro e zero quattro; la speranza, si dice, è l'ultima a morire. In questo caso è decisamente morta. L'uomo medio si accuccia nel suo giaciglio, emulando improbabili posizioni fetali. È vigile come una guardia austriaca in trincea a Caporetto, al momento dell'attacco.

A questo punto, abbandonato ogni pio desiderio di un'esperienza onirica normale, l'uomo medio si ribella al suo destino. Ormai è pronto, simbolo di una generazione, a testimoniare ai suoi contemporanei tutta la ricchezza e gioia della propria, e loro, esistenza.

lunedì, dicembre 10, 2007

Il cielo è sempre più BRU

10 dicembre 2007
mezzanotte e mezza

Scrivo troppo spesso in questo periodo. Ma devo fare un aggiornamento (anche breve). Venerdì tornando a casa mi sono schiantato sulla A1, vicino Chiusi. Macchina distrutta; illeso. Per fortuna. Ma non è questo il punto. Forse non c'è nessun punto da mettere giù. È solo che spesso non riesco a fermarlo, il vuoto. Non adesso. E comunque.

[--- un po' riflessioni personali, tagliate ---]

E comunque, in qualche modo, mi sento bene. Mi sento calmo. Ho la sensazione di non dover più correre da nessuna parte, come faccio da qualche tempo. Ho azzerato la vita.

Non lo sopporto. Di sentire qualcosa che si agita e non riuscire a vomitarlo fuori. Non riesco più a parlare. O scrivere. Non riesco più a pensare, questo è il punto. Ma mi sento vivo. Non riesco a pensare, è vero, ma sento. Sento tutte le cose che ho intorno. Urlano. Urlano. Non so come gli altri non le sentano. Come diavolo fanno.

Io devo scrivere le cose; è questo. Scriverle come sono, semplici. Chiare. La realtà è l'unica cosa che è possibile scrivere. Come disegnare. È esattamente come disegnare - lo sto facendo, ogni tanto - è esattamente così. Il disegno è un modo intimo di vedere; è toccare le cose con gli occhi. Le accarezzi, sulla carta. Male o bene. Non è quello. Non conta veramente. Conta il rapporto che hai con loro. Ami il mondo, disegnandolo.

Scrivere è la stessa cosa. La perfezione dei contorni è solo in quello che vedi. Non la puoi inventare; sarebbe già tanto riprodurla.

Forse è per questo che non sono un grande artista. O un grande scrittore. Sto pensando di pubblicarla, questa pagina. Ma forse avere qualcosa di privato è ancora un bene. Ha ancora un senso. Non so che farò.

Voglio solo ascoltare musica, e stare un po' sdraiato, con gli occhi aperti.

Quasi l'una

sabato, dicembre 08, 2007

Take your cow, hurry up

Continuate a dirmi dove siete, Hieronimi... fino a quando un (altro) incidente sulla A1 non mi toglierà di mezzo definitivamente, sarò in giro a dire che Siamo In Tempo.

Mica tutti. Solo noi. O chi ha capito di che sto parlando.

Take your time, wise English cow
We are all mad againe